Razionale Scientifico
Come noto ormai da diversi decenni, il diabete di tipo 2 (DMT2) gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della malattia renale cronica (CKD). La CKD è infatti altamente prevalente nella popolazione con DMT2 ed è riconosciuta essere un forte acceleratore del rischio cardiovascolare (Hamada S, Gulliford MC. BMJ Open. 2018; 8:e019950). Lo studio italiano RIACE (Insufficienza Renale ed Eventi Cardiovascolari) ha infatti dimostrato come la presenza di microalbuminuria associata ad un ridotto eGFR, anche nel range normale, sia associata ad una aumentata mortalità cardiovascolare (Penno G et al. Acta Diabetol. 2018;55:603-61). Altri studi osservazionali e meta-analisi hanno confermato come la presenza di MCV e la mortalità CV siano correlate ad una alterata funzionalità renale (Cea Soriano L et al. Cardiovasc Diabetol. 2015;14:38; Fox CS et al. Lancet. 2012;380:1662-1673). Sulla base di queste considerazioni risulta pertanto evidente come alcuni farmaci utilizzati nella cura del diabete di tipo 2 possono avere effetti significativi sugli esiti cardiovascolari e renali diventando un determinante importante per le scelte terapeutiche per il DMT2 (Avogaro A et al. Cardiovasc Diabetol. 2016;15:111). In questo contesto, gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio-2 (SGLT2) offrono un'importante opportunità di trattamento. Gli iSGLT2, infatti, oltre che essersi dimostrati in grado di proteggere i pazienti con DMT2 da eventi cardiovascolari maggiori, si sono anche dimostrati in grado di esercitare protezione a livello renale, riducendo l'albuminuria e/o rallentando la progressione della malattia renale cronica (Dekkers CCJ et al. Diabetes Obes Metab. 2018;20:1988-1993; Petrykiv SI et al. Diabetes Obes Metab. 2017;19:1363-1370). Tra questi, di particolare interesse risulta essere empagliflozin, l’iSGLT2 che sin dal 2015 con lo studio EMPAREG OUTCOME ha avuto grande risonanza per la cardio e nefroprotezione, dato confermato e sottolineato dallo studio EMPA-KIDNEY in cui empagliflozin si è dimostrato superiore rispetto a placebo nella riduzione del rischio di progressione della malattia renale cronica e di decessi correlati a malattia CV in pazienti ad alto rischio con o senza diabete e con differente funzionalità renale definita in base ai valori di eGFR (Herrington WG et al. N Engl J Med 2023;388:117-27).